Un monaco domandò al maestro Hsuan-sha: “Che cos’è il sé?“.
E lui rispose: “A che ti serve?”.

La ricerca del Sè.

Una cosa è una risposta e altra cosa è il tacere delle risposte.

Una domanda è l’estrinsecazione verbalizzata dell’indagine intorno a qualcosa. Qui cominciano i problemi. Il fatto è che così la domanda si chiude in una strada senza uscita, perde la sua fonte di indeterminatezza e di vuotezza.
Si può anche dire che la meditazione sia una domanda, ma bisogna intendersi. Se diciamo: medito per rispondere alla domanda riguardo alla mia natura, allora mi svio.

La partenza può anche essere questa e certamente c’è del vero nell’accostamento tra meditazione e “conoscenza di sé”, ma non nel senso usuale e banale del termine. Quando uno dice: mi conosco, so come sono fatto. Ecco: non in questo senso. La meditazione non è la risposta alla domanda “Che cos’è il sé?”; essa non è la ricerca del sé, l’indagine intorno al sé, non è la riappropriazione del sé (quando ne sei stato disappropriato?), non è la risoluzione di un problema

. La meditazione non è la conclusione intellettuale ad una domanda altrettanto intellettuale. Questo modo di domandare va in realtà abbandonato: la meditazione è l’abbandono di tutto ciò, è propriamente arte dell’abbandono in sé e per sé.

Abbandono di tutto e abbandono al Tutto. Continuare a questionare (cos’è la realtà? cos’è il sé? dov’è la verità? …) significa ancora rimanere sulla soglia, è opporre resistenza all’esperienza trasformante. Trasformante cosa? Trasformante niente, si intende! È semplicemente dal nostro punto di vista illusorio che parliamo di trasformazione, ma nell’esperienza della meditazione lo riconosciamo tutti: non c’è nessun cambiamento, nulla che venga trasformato, ma solo un puro esperire, un semplice stato di essere e consapevolezza, un disincantato guardare e non un egocentrico fare coatto.
Il sé, la sua struttura, il suo significato, la sua realtà, … Tutto questo non va scambiato con una serie di dati, di informazioni interessanti da conoscere. “Che cos’è il sé?” non serve proprio a niente, non conduce a niente.

La domanda e l’esperienza sono l’una contraria dell’altra: se domandi, ti vieti l’esperire, lo blocchi e cominci a rimuginarci sopra. La meditazione è questo: esperire al di là del domandare. È accorgersi che il domandare è un circolo vizioso, assai allettante, fascinoso, ma che è una trappola insidiosissima per la mente. È l’ennesima scusa per rimanere a dormire.
La meditazione è arte di semplicità: non si ferma davanti a nulla. Solo ciò che serve è proprio ad essa, il resto non appartiene alla sua sfera. La meditazione è il tacere di ogni sovrappiù: “A che ti serve?”.
La meditazione è esperienza del sé. Non conoscenza. Non risposta. Non formula filosofica. Non definizione psicologica. Non un manuale di istruzioni.

Fonte:http://www.lameditazionecomevia.it